Sunday 26 February 2012

la rivolta e l'ospedale del rum

Una cara amica italiana mi ha chiesto di parlare dell’Australia ai suoi studenti in collegamento via skype.  In particolare vorrebbe che parlassi di chi abita questo continente, forse per renderlo in qualche modo piu’ vicino, piu’ umano, appunto.

E cosa mai posso dire, a questa amica e ai suoi studenti?  

Potrei riportare statistiche che registrano una popolazione ormai superiore ai 22 milioni abitanti e composta da decine di nazionalita’ diverse:  inglesi, irlandesi, scozzesi, italiani, tedeschi, cinesi, greci, olandesi, libici, libanesi, armeni, newzelandesi, filippini, maltesi, croati, gallesi, francesi, serbi,  indonesiani, spagnoli, macedoni, sudafricani, cingalesi, russi, turchi e americani, con percentuali che vanno dallo 0,28% per questi ultimi al 29,65% dei cittadini inglesi in ordine crescente.

Oppure potrei dir loro che oltre il 30% degli abitanti e’ composto da “australiani” e lo 0,58% da Aborigeni australiani?

Ad arricchire il melting pot dell’attuale multiculturalita’ australiana che contempla tutte le nazionalita’ elencate e molte altre che ancora non fanno statistica, ci sono stati nei due secoli scorsi flussi migratori diversi e spesso strettamente gestiti in risposta alle esigenze della giovane societa’ moderna australiana. Colonizzazione, sviluppo, agricoltura, caccia all’oro e pesca delle perle, difesa dopo il bombardamento di Darwin della Seconda Guerra Mondiale, estrazione mineraria e, ancora, necessita’ di migranti altamente qualificati per il terziario avanzato, mano d’opera a basso costo per l’agricoltura stagionale e l’ospitalita’ – i famosi working holidays cosi’ popolari in europa, una vera risorsa a basso costo per il governo australiano e una giovane ed entusiasta forza lavoro temporanea che non chiedera’ pensione, idennita’ malattia, maternita’, sussidi di disoccupazione.  Una moderna, abile e sofisticata strategia di sfruttamento di mano d’opera.

Cosa potrei dire a questi ragazzi e ragazze italiane, piuttosto,  a proposito di quell’oltre 30% di australiani e 0,50% di aborigeni? 
Chi sono questi australiani e questi aborigeni?   

La loro storia e’ intimamente e drammaticamente connessa. Quanto piu’ e’ salita la prima percentuale, la seconda scemava disperdendosi in mille rivoli, tutti tesi a cancellarne l’identita’ primigenia.
Dai primissimi contatti alla fine del XVIII secolo, solo all’apprenza amichevoli e presto sfociati in genocidio programmatico, furto di terre e costituzione di penose riserve aborigene, alla generazione perduta dei bambini rapiti e portati nella “civilta’” a migliaia di chilometri da casa nel XX secolo.  
Impossibile ridurre l’argomento della tragedia aborigena in poche righe o molti tomi, per cui – fatalmente anch’io – sono costretta a sospendere l’argomento, riservandomi di riprenderlo con onesta’. 
L’unica cosa che, a proposito di statistiche, sento l’obbligo morale di ricordare e’ un recente censimento governativo a rivelato che il 32% degli Aborigeni e’ astemio, contro il 16% degli australiani di origine europea.   
Cio’ nonostante l’alcool e’ una delle innumerevoli trappole occidentali che la popolazione europea ha teso agli aborigeni e che, al di la’ del facile e strumentale stereotipo del degrado sociale provocato dalla diffusione di alcolici in territori prevalentemente abitati dagli Aborigeni e nelle periferie urbane, ha di certo contribuito alla loro distruzione progressiva dell’aspettativa e della qualita’ di vita.   
Questo per sfatare il mito del “Buon Selvaggio” alcolista e per ricordare che agli albori della colonizzazione, coatta e non, del continente australiano il rum era la vera moneta di scambio tra i coloni.  

Vent’anni dopo lo sbarco della “Prima Flotta” che diede origine alla colonia del New South Wales, il suo quarto governatore, William Bligh, sopravvissuto all’ammutinamento dei Bounty, dovette capitolare nel 1808 di fronte all’unico colpo di stato australiano della storia chiamato la “rivolta del Rum”.  I suoi tentativi di abolire l’uso (e l’abuso) del rum come merce di scambio e calmiere sociale nella neonata colonia d’oltreoceano furono annientati dai militari della New South Wales Corps,  l’agguerrita e corrotta milizia che aveva gia’ provocato, per identico motivo, le dimissioni del precedente governatore Philip Gidley King e che nel vuoto di governo creatosi e durato alcuni mesi prima dell’insediamento di Bligh e dopo la sua destituzione armata, comandava di fatto. 
 
'The arrest of Bligh' - propaganda cartoon designed to show William Bligh as a coward from the time of the Rum Rebellion 1808 Sydney.  State Library of New South Wales

La colonia del NSW fu governata anche ufficialmente dai militari di stanza a Sydney, fino all’arrivo nella colonia del nuovo governatore, Lachlan Macquarie, che si insedio’ all’inizio del 1810 e tra le sue prime disposizioni risalta la sottoscrizione per la costruzione del primo ospedale della colonia, in sostituzione dell’ospedale da campo.  I contratti per il monopolio sull’importazione del rum salirono da 45.000 a 60.000 galloni (per poco piu’ di 6.000 anime), in cambio del finanziamento del nosocomio, pubblicamente conosciuto come “l’ospedale del rum”.    
L’ala nord dell’ospedale del rum e’ oggi parte della casa del Parlamento del New South Wales, nel cuore di Sydney.