Saturday 24 March 2012

Camminando sul fondo del mare, tra leggende e maree

Si narra che Ben Buckler fosse un deportato originario dello Yorkshire, un forzato della Corona Inglese ai tempi della fondazione della colonia del New South Wales. Fuggito con il compagno di sventure James Ives, venne accolto e visse dieci anni con le comunita’ aborigene che abitavano le zone costiere nei pressi di Port Jackson, oggi la baia di Sydney. Un eminente linguista di fine Ottocento, Archibald Meston, riporta la storia nei suoi appunti a proposito della trascrizione di vocabolario aborigeno cui Ives aveva contribuito sensibilmente e menziona a supporto un pamphlet di 24 pagine scritto da Ives nel 1822 e pubblicato sulla Sydney “Gazette”.
Purtroppo non sono riuscita a verificarne la fonte ma ho scoperto che la storia e’ a dir poco controversa e si intreccia con altre teorie a proposito di Ben Buckler. Una lettera anonima inviata nel 1878 alla rivista Australian Town and Country Journal di Sydney, e a firma “Old Colonist” suggeriva che il nome derivasse dall’isola sperduta delle Ebridi scozzesi, Ben-Becula, terra natia del quinto Governatore della Colonia, Lachlan Macquarie mentre Obed West (1807-1891) speculava a proposito di un’improbabile derivazione dai termini indigeni “benbuckalong” o “bal-buckalea”.

(foto Ireshart) 

Mentre mi inerpico sugli scogli di arenaria del promontorio settentrionale di Bondi, volgendo le spalle all’oceano aperto, accolgo senza indugi la leggenda di Archibald.   Dalla cima della scogliera tormentata che mi sovrasta, il povero Ben Buckler deve essere davvero precipitato un giorno infausto di fine Ottocento, "Rest in Peace, Old Ben".

Ho aspettato che ci fosse la bassa marea per raggiungere questo punto estremo del capo settentrionale di Bondi anche perche’, quando l’escursione di marea e’ nella sua massima estensione, l’oceano arriva a lambire la base dei torrioni di arenaria rendendo la zona inaccessibile.  Mi ritrovo cosi’ a camminare, in un certo senso, sul fondo del mare. Questo piano mesolitorale e’ ricco di organismi viventi e cosi’ scivolo sulle alghe e mi ferisco i piedi sopra la miriade di cirripedi aguzzi, prima di raggiungere uno scoglio asciutto su cui sedermi ad osservare la miriade di madrepore che spruzzano zampilli di acqua pescata nelle pozze profonde e circolari scavate da generazioni di ricci per ripararsi dai predatori e l’attivita’ incessante di granchi di varie misure.

Davanti a me l’oceano sembra lottare per non ritirarsi. Mentre l’energia delle onde si dissipa per attrito col fondale via via piu’ basso, la restante tende a conservarsi per il principio di conservazione dell'energia col risultato che l'onda diminuisce la sua velocità, ma cresce in ampiezza. Questo fenomeno ha reso Bondi Beach famosa per i surfisti di mezzo mondo ed erode da millenni la scogliera di Ben Buckler con marosi e mareggiate di intensita’ variabile ma sempre pericolosa per chi, come me, pensa di poter voltare le spalle all’oceano senza rischiare di venir travolta da un’onda inaspettata.
Puntualmente avviene e vengo investita da una montagna d’acqua ma il mio peso specifico e la familiarita’ col mare del mio passato da subacquea mi assistono - piu’ il primo, ahime', della seconda - e cosi’, fradicia e felice, mi ritiro in buon ordine.
Mentre percorro a ritroso il percorso verso la salvezza, mi imbatto in un enorme roccia che sembra adagiata sulla scogliera piatta senza soluzione di continuita’. Che sia precipitata dalle falesie in tempi recenti, magari causando la morte di Ben Buckler? 

Sulla cima piatta dell’enorme scoglio di arenaria (6.1x4.9x3.0 metri) ci sono molti gabbiani e un cormorano e mi avvicino nel tentativo di fotografarli. Naturalmente volano via ma a distanza ravvicinata vedo una targa di ottone incastonata nella roccia. E'stata posta dal Waverly Council e recita:










 
 “THIS ROCK WEIGHTING 235 TONS WAS WASHED FROM THE SEA DURING A STORM ON 15TH JULY 1912


ma anche questa sembra essere una leggenda, benche’ il geologo Carl Sussmilch abbia reso pubblica questa teoria in un suo abstract pubblicato dalla Royal Society of NSW il 4 settembre del 1912.

Negli anni ’60 il masso ha ospitato due statue a grandezza naturale scolpite sul modello di Jan Carmody, Miss Australia Surf del 1959 e Lynette Whillier, campionessa di nuoto locale, entrambe a guisa di sirenette in topless. La Mermaid Rock, come venne in seguito chiamata, divento’ iconica di Bondi North e genero’ sconcerto in quei tempi in cui il bikini si faceva faticosamente largo.
Fortunatamente, l’oceano che ci aveva misteriosamente consegnato la roccia divento’ una minaccia per l’integrita’ delle due stolte sirenette che vennero’ messe a dura prova da una serie di tempeste scatenate dal Mar di Tasmania. Nel 1976 vennero rimosse e quel che ne resta, ora, troneggia nella Waverly Library di Bondi Junction, in un’asettica teca di perspex.

Nel terzo millenio il Mar di Tasmania sferza ancora incessantemente la scogliera di Ben Buckler e forse un giorno si riprendera’ la roccia e sul fondo del mare le concrezioni copriranno anche quella targa d’ottone e il ricordo di quella tempesta del luglio del 1912 ma la leggenda di Ben Buckler continuera’ invece ad essere narrata per molti, molti anni a venire..





 


No comments:

Post a Comment